Santa Maria, donna del vino nuovo, quante volte sperimentiamo pure noi che il banchetto della vita languisce e la felicità si spegne sul volto dei commensali. È il vino della festa che viene meno.
Sulla tavola non ci manca nulla: ma senza il succo della vite, abbiamo perso il gusto del pane che sa di grano.
Mastichiamo annoiati i prodotti dell’opulenza, ma con l’ingordigia degli epuloni e con la rabbia di chi non ha fame.
Tu lo sai bene da che cosa deriva questa inflazione di noia. Le scorte di senso si sono esaurite.
Muoviti a compassione di noi, e ridonaci il gusto delle cose. Solo così le giare della nostra esistenza si riempiranno fino all’orlo di significati ultimi. E l’ebbrezza di vivere e di far vivere ci farà finalmente provare le vertigini.
Liberaci, ti preghiamo, dagli appagamenti facili. Dalle piccole conversioni sotto costo. Dai rattoppi di comodo.
Preservaci dalle false sicurezze del recinto, dalla noia della ripetitività rituale, dalla fiducia incondizionata negli schemi, dall’uso idolatrico della tradizione. Quando ci coglie il sospetto che l vino nuovo rompa gli otri vecchi, donaci l’avvedutezza di sostituire i contenitori.
Santa Maria, donna del vino nuovo, noi ti ringraziamo, infine, perché con le parole «fate tutto quello che vi dirà», tu ci sveli il misterioso segreto della giovinezza. E ci affidi il potere di svegliare l’aurora anche nel cuore della notte.
Don Tonino Bello
II DOMENICA TEMPO ORDINARIO:
19 Gennaio
Dal Vangelo secondo Giovanni 2,1-11
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
IL GIOCO DELL’ACQUA INNAMORATA
C’è festa grande, a Cana: il cortile è pieno di gente in quella notte di fiaccole accese, di canti e di balli. Ci sono Gesù e sua madre e con loro la variopinta compagnia dei giovani seguaci saliti dai villaggi del lago. L’intero Israele risuona del grido di morenti, schiavi, lebbrosi, e Gesù non interviene, va ad una festa, quasi giocando con dell’acqua e con del vino. Anziché asciugare lacrime, colma le coppe.
Deve esserci qualcosa di molto importante se questa è la prima pennellata del quadro della salvezza. Il Vangelo chiama questo il “principe dei segni”: se capiamo Cana, capiamo gran parte del Vangelo.
Giovanni non parla di miracolo. Forse ha paura che la gente corra dietro ai maghi, e Gesù non lo è: i suoi sono segni, frecce che indicano una direzione, un senso ulteriore. Quel giorno Gesù scende nel pozzo profondo, là dove la vita inizia a battere il tempo seguendo il ritmo dell’amore. A un certo punto della festa finisce il vino, simbolo biblico dell’amore. L’amore è sempre così poco, così a rischio, così raro.
Quante volte ci viene a mancare quel “non so che” di gioia, di passione, di sapore per far navigare questa fragile barca che è il nostro cuore. Mancano forse piccoli perdoni, piccole tensioni da chiarire, piccoli gesti di cura. Manca il buon vino.
Anche la relazione amorosa tra l’umanità e Dio si trascina stancamente, senza più gioia.
Cosa fare? Lo suggerisce Maria: Qualunque cosa vi dica, fatela! Sono le sue ultime parole, poi non parlerà più: Fate il suo Vangelo, tutto, e si riempiranno le anfore. Di un vino migliore, come assicura il maestro di tavola: Tutti servono il vino buono all’inizio. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora.
A noi pare che questa sia la logica delle cose: l’entropia, la diminuzione, il decadimento progressivo, lo spegnersi del calore. Il vangelo di Cana ci regala una visione controcorrente. Non importa quali sono stati gli amori che hanno nutrito la tua esistenza, fecondi o sterili, stabili o lacerati, gloriosi o miseri, o forse entrambe queste cose al tempo stesso. Quali che siano stati, un giorno Gesù se ne farà carico, anzi se ne è già fatto carico, se solo hai deposto le loro anfore di pietra davanti a Lui. E li trasformerà in una realtà infinitamente migliore.
Con grande sorpresa mia che vedevo le cose finire e l’amore spegnersi; con grande sorpresa di tutti i commensali: Pensavamo di avere gustato il vino migliore all’inizio, pensavamo di averlo già finito, quello bevuto ieri pensavamo fosse il vino migliore. E invece no, ancora una volta, per un’ultima volta Gesù ripeterà il miracolo di Cana, trasfigurando ogni nostro amore. Avrà conservato il vino migliore per dopo, e per i secoli dei secoli. E questa è la speranza grande che accende ogni volta il segno di Cana, il principe dei segni! (Ermes Ronchi)
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