Eccomi, Signore, manda me!
Fa', Signore Gesù, che la tua Chiesa non resti
arroccata sul monte, accoccolata ai tuoi piedi,
stretta tra gli intimi, mentre il mondo gira e lotta
a valle immerso nelle tenebre.
Non permettere che ci rigiriamo fra le mani
la tua Parola allo specchio, chiudendo il nostro cuore
alle provocazioni e alle sfide di questo mondo
senza Dio, senza speranza e senza pace.
Liberami dal fascino intimista del mio gruppetto
dove abbiamo l'impressione che tu stia bene soltanto
con noi buoni e dove si guarda con compassione
chi non ha ancora raggiunto il nostro livello.
Liberami da quella preghiera finta, vuota ripetizione,
di parole in un monologo che gira su se stesso
e donami una preghiera aperta al soffio del tuo Spirito
che è spirito di donazione generosa.
Fa', Signore Gesù, che la mia preghiera sia un vero incontro con te
nel quale ascolto in lontananza il grido implorante del fratello
e mi rendo disponibile a partire per mettermi a suo servizio.
Liberami dalla paura di scendere dal monte
per confrontare seriamente e serenamente
l'esperienza liturgica con il mondo del lavoro!
Fammi sperimentare, Signore, quell'intimità con te
che non mi rinchiude in me stesso e non mi distanzia dagli altri.
Mi fa invece ascoltare la tua voce vicina
che mi manda missionario a confrontarmi
con le voci lontane di questo mondo che ti irride!
Dio grande e fedele, che riveli il tuo volto a chi ti cerca con cuore sincero,
rinsalda la nostra fede nel mistero della croce
e donaci un cuore docile, perché nell'adesione amorosa alla tua volontà
seguiamo come discepoli il Cristo tuo Figlio.
Egli è Dio e vive e regna con te nei secoli dei secoli. Amen.
P. BONZANI
II DOMENICA DI QUARESIMA:
15 Marzo
Dal Vangelo secondo Luca 9,28b-36
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
LECH LECHA’
E il Signore disse ad Abramo: vattene dalla tua terra e dalla casa di tuo padre! «Lech lechà», gli disse, “vai verso te stesso”. Sei tu la meta, non casa, terra o patria. A un bambino che nasce, cosa augureresti?
A un uomo, a una donna di oggi, con la terra che brucia, cosa diresti? Le stesse parole di Dio ad Abramo, “lech lechà”, vattene da questa visione del mondo, sporca e bugiarda. Vattene da questa storia, dove ha ragione il più armato, il più violento, il più immorale. Vai a te stesso. Dentro di te non hai armi, non cercare di riempire i tuoi vuoti con la violenza. Ma non senti dentro che la pace è più umana che non uccidere? E poi gli direi, come Dio ad Abramo: alza la testa, conta le stelle. Perditi con gli occhi nel cielo a fare quello che sembra impossibile. L’immensità ti rende giudice davanti ad ogni dittatore. Guarda in altro modo, guarda da un altro punto di vista, non quello piccolo di casa, di patria, ma con l’ottica del grande, dell’infinito, dell’immenso, delle stelle e del loro mistero. Questa domenica della luce ci ricorda che abbiamo urgente bisogno di una trasfigurazione, di un cambiamento radicale. Di andare via da questi bassipiani per guardare le cose dall’alto.
Mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto. Pregare trasforma, contemplare ti cambia il cuore, e tu diventi ciò che contempli; diventi come Colui che preghi. Guardano i tre, e sono storditi perché gettano lo sguardo sull’abisso di Dio. “Che bello, Signore!” esclama Pietro. La mia fede per essere pane, sale, luce, lievito deve discendere da un “che bello” gridato a piena voce, da un innamoramento. Dio è bellissimo. E ha un cuore di luce, come Gesù sul monte. Che questa immagine resti viva nei tre discepoli, e in tutti noi; viva per i giorni in cui il volto di Gesù invece di luce gronderà sangue, come sarà nel Giardino degli Ulivi, come oggi accade nelle infinite guerre del mondo, nelle infinite croci dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Alza la testa, guarda la luce del Tabor, guarda le stelle e vai, ritorna al cuore. Preghiamo non per convincere Dio, ma perché ci aiuti ad essere fedeli ai piccoli del mondo contro tutti i potenti: “tienili per mano, baciali in fronte”. Ci aiuti a credere che, nonostante tutte le smentite, il filo rosso della storia è saldo fra le tue dita e che noi dobbiamo porre mano non al futuro del mondo ma al mondo del futuro, oltre il muro d’ombra delle cose e degli avvenimenti. Per capire le linee di fondo su cui camminare abbiamo le ultime parole del Padre in quel giorno luminoso: “Questi è mio Figlio, ascoltatelo, ascoltate Lui”. (Ermes Ronchi)
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