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ADORARE

Il buon Pastore

O divin Pastore,

perdonami le tante volte

in cui non sono stato

pastore, amico,

fratello del mio prossimo,

perché non ho conosciuto te

e non ho fatto tutto ciò che stava

in me per conoscerti,

e non ho conosciuto nemmeno

il mio fratello e i suoi bisogni.

 

Quanto devi sentirti offeso,

tu buon Pastore,

dal fatto che anche cristiani

promuovono e commettono l'aborto,

sacrificano i bambini

prima ancora che nascano.

Come potranno

queste madri

conoscere te buon Pastore?

Eppure anch'esse sono

pecorelle smarrite.

Spesso la loro non è malizia:

sono manipolate e sedotte

da chi è più malizioso e alienato.


Rivelati, divin Pastore,

al tuo popolo,

da' a tutti

un tempo in cui far penitenza

e convertirsi a te.

Da' alla tua Chiesa

pastori che davvero

siano autentica immagine di te,

liberi da ogni ricerca di onore e di potenza,

intenti solamente a condurre il tuo popolo

ai pascoli rigogliosi.

 

Risveglia in ciascun uomo

specialmente in quello che occupa alti posti

lo spirito di responsabilità,

l'esigenza di conoscere veramente

i bisogni degli uomini,

fa' che il suo agire sia ispirato

dall'amore e dalla giustizia,

dalla volontà di servire

e non di servirsi o d'esser servito.

B. Haering

IV DOMENICA DI PASQUA 

Dal Vangelo secondo Giovanni 10,11-18

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

rifletti - commento

Io sono il buon pastore! Per sette volte Gesù si presenta: “Io sono” pane, vita, strada, verità, vite, porta, pastore buono. E non intende “buono” nel senso di paziente e delicato con pecore e agnelli; non un pastore, ma il pastore, quello vero, l'autentico. Non un pecoraio salariato, ma quello, l'unico, che mette sul piatto la sua vita. Sono il pastore bello, dice letteralmente il testo evangelico originale. E noi capiamo che la sua bellezza non sta nell'aspetto, ma nel suo rapporto bello con il gregge, espresso con un verbo alto che il Vangelo oggi rilancia per ben cinque volte: io offro! Io non domando, io dono. Io non pretendo, io regalo. Qual è il contenuto di questo dono? Il massimo possibile: “Io offro la vita”. Molto di più che pascoli e acqua, infinitamente di più che erba e ovile sicuro. Il pastore è vero perché compie il gesto più regale e potente: dare, offrire, donare, gettare sulla bilancia la propria vita. Ecco il Dio-pastore che non chiede, offre; non prende niente e dona il meglio; non toglie vita ma dà la sua vita anche a coloro che gliela tolgono. Cerco di capire di più: con le parole “io offro la vita” Gesù non si riferisce al suo morire, quel venerdì, inchiodato a un legno. “Dare la vita” è il mestiere di Dio, il suo lavoro, la sua attività inesausta, inteso al modo delle madri, al modo della vite che dà linfa al tralci (Giovanni), della sorgente che zampilla acqua viva (Samaritana), del tronco d'olivo che trasmette potenza buona al ramo innestato (Paolo). Da lui la vita fluisce inesauribile, potente, illimitata. 

Il mercenario, il pecoraio, vede venire il lupo e fugge perché non gli importa delle pecore. Al pastore invece importano, io gli importo. Verbo bellissimo: essere importanti per qualcuno! E mi commuove immaginare la sua voce che mi assicura: io mi prenderò cura della tua felicità. E qui la parabola, la similitudine del pastore bello si apre su di un piano non realistico, spiazzante, eccessivo: nessun pastore sulla terra è disposto a morire per le sue pecore; a battersi sì, ma a morire no; è più importante salvare la vita che il gregge; perdere la vita è qualcosa di irreparabile. E qui entra in gioco il Dio di Gesù, il Dio capovolto, il nostro Dio differente, il pastore che per salvare me, perde se stesso. L'immagine del pastore si apre su uno di quei dettagli che vanno oltre gli aspetti realistici della parabola (eccentrici li chiama Paul Ricoeur). Sono quelle feritoie che aprono sulla eccedenza di Dio, sul “di più” che viene da lui, sull'impensabile di un Dio più grande del nostro cuore. Di questo Dio io mi fido, a lui mi affido, credo in lui come un bambino e vorrei mettergli fra le mani tutti gli agnellini del mondo. Don Ermes Ronchi

VIVERE

  • Rileggiamo il vangelo per ravvivare sull’esempio di Gesù il nostro offrirci l’un l’altro: gli sposi riscoprono le loro relazioni reciproche e il rapporto di dono che li lega ai figli.
  • In particolare ogni giorno offriamo la nostra giornata al Signore e facciamo un gesto nuovo nei riguardi degli altri, a cominciare da quelli di casa: offrire il sorriso, il saluto…

CONFRONTARE

  • Sei stato cercato dal vero pastore che, per il suo amore, ti ha caricato sulle sue spalle, ti ha riportato all’ovile che è la casa del Signore, la Chiesa (S. Agostino).
  • Se un uomo è capace di far innamorare una donna al punto che essa abbandona tutto per lui, non credi forse che Dio è capace di rendere irresistibile la sua chiamata? (S. Teresa di Los Andes).
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