Ritorno da lontano
Verso di te, Signore,
ritorno da lontano.
Da paesi di speranze spezzate
e di ferite profonde nei cuori.
Sono partito dopo tanto male,
dopo tanto oblio;
dopo tante fedeltà sbriciolate,
dopo tante gioie perdute;
dopo tante ricerche disperse,
dopo tante verità deviate;
dopo tante tristezze accumulate
nel dedalo dei miei desideri erranti.
Eccomi, Signore:
ho attraversato il peccato
e tutto il mio essere è straziato.
Vengo, Signore!
Sono le tue braccia aperte
a farmi tornare da lontano
con i miei sogni infranti
e la mia purezza in cocci.
Unicamente le tue braccia aperte,
senza giustificazione alcuna,
mi attirano e mi immergono
nella tua infinita tenerezza.
IV DOMENICA DI QUARESIMA:
30 Marzo
Dal Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
FIGLIO DI DOMANI
Un padre aveva due figli. Un incipit che causa subito tensione, perché nella Bibbia le storie di fratelli non sono mai facili, raccontano di violenza e menzogne, di riconciliazioni mancate. La fraternità non è un dato da cui partire, ma un progetto da costruire. Io voglio bene al figlio prodigo. Quante volte i ribelli in realtà sono solo dei richiedenti amore. Il ragazzo se ne va, un giorno, con la sua parte di “vita”, di eredità, in cerca di felicità, e crede di trovarla nelle cose. Il padre lo lascia andare, anche se teme che si farà male. Un uomo saggio. Ma quella che sembrava la vita ideale, si rivela un lento morire; si dissangua di umanità, fino a ritrovarsi solo e affamato in una porcilaia. Allora rivede la sua casa, la casa del padre, la sente profumare di pane. Ci sono persone con così tanta fame che per loro Dio non può che avere la forma di un pane (Gandhi). Qualcosa gli si muove dentro, rientra in sé e decide di tornare. La vita gli ha insegnato a volare raso terra, lui non chiederà di essere il figlio di ieri, ma uno dei servi di adesso. Non torna perché ha capito, ma perché ha fame. Ma al Padre importa solo che tu ritorni verso casa. Il padre lo vide da lontano e gli corse incontro. L’uomo cammina, Dio corre. L’uomo si avvia, Dio è già arrivato. E ci ha già perdonato in anticipo di essere come siamo, prima che apriamo bocca. Non domanda: da dove vieni, ma: dove sei diretto? Non chiede: perché l’hai fatto? Ma: vuoi ricostruire la casa? Non si lancia in un: te l’avevo detto! Ma: hai fame? Non è esperto in rimorsi quel padre, ma in abbracci. Il perdono di Dio non libera il passato, fa di più: libera il futuro, ci rende figli nuovi. Non ci sono personaggi perfetti nella Bibbia, li cerchi invano, è piena di gente che cambia strada e idee, di ripartenze sotto il vento delle passioni, ma poi alla fine sotto il vento di Dio. L’ultima scena gira attorno all’altro figlio, che non sa sorridere, che non ha la musica dentro, che non ha la festa nel cuore. Il ragazzo bravo in tutto è triste, come se fosse ai lavori forzati; per lui la bella vita era l’altra, quella del fratello. Ma il padre nella sua casa vuole figli, e non servi ubbidienti; esce e lo prega di entrare: vieni, è in tavola la vita! Il ragazzo avrà capito? Sarà entrato? Si saranno guardati, abbracciati? Non ci viene detto. Ed ecco la grande domanda: perché neppure l’ombra di un castigo? È giusto il padre della parabola? Dio è così? Così eccessivo, così tanto, così oltre? Sì, è l’immensa rivelazione per la quale Gesù darà la vita: Dio è solo amore. E l’amore non è giusto, è sempre oltre, è centuplo, è eccedenza. E sempre un po’ fuorilegge. Così è il mio Dio, il Dio di Gesù, il Dio che ancora m’innamora..(Ermes Ronchi)
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